Il concetto di prevenzione, a prima vista, è legato etimologicamente al "venire prima" cioè all'anticipare un disturbo.

Nel mio studio lavoriamo sulle risorse dell'individuo.

Infatti, acquisendo consapevolezza delle proprie potenzialità, risolvendo eventuali blocchi emotivi e puntando diritto al pieno sviluppo della personalità, ci orientiamo verso una condizione di benessere psicologico così importante per vivere bene.

Il disturbo psicologico diviene a questo punto una POSSIBILITA' NON PIU' NECESSARIA.

Dott. Flavio Fabbri

Psicologo Psicoterapeuta

Studio Castenaso: Via Amendola, 5 - 40055 Castenaso (BO)

Cell: 3887907158

Email: fabbri@bolognapsicologo.eu

PEC: flavio.fabbri.616@psypec.it

  • 8 gennaio 2019

Il termine “ansia” deriva dal verbo latino “ango” che significa stringere, soffocare. Il termine “angoscia” deriva ancora più visibilmente dallo stesso vocabolo. Queste definizioni richiamano subito alla nostra mente e al nostro corpo stati d’animo non piacevoli caratterizzati da timore, apprensione, inquietudine,sensazioni ed emozioni queste che possono rendere poco soddisfacente la nostra vita. Quando questi stati vengono scatenati da stimoli che ci sono già noti e che abbiamo già sperimentato (ad es. un esame, il fatto di dover parlare in pubblico, il desiderio di conoscere  una determinata persona ecc...) abbiamo comunque ancora   la sensazione di avere in qualche modo sotto controllo la situazione. Può capitare però che non ci si riesca a spiegare a livello cosciente il perché di un forte stato ansioso: questa mancata consapevolezza può degenerare allora in veri e propri attacchi di panico.

Ma l’ansia è sempre e solo negativa?

Per rispondere a questa domanda immaginate di avere davanti a voi il quadro strumenti della vostra automobile. Esso è corredato da tutta una serie di spie luminose che potremmo raggruppare per colore in verdi, ambra (arancione e giallo) e rosso.

Le   spie verdi si accendono quando noi facciamo un’azione volontaria: ad esempio quando inseriamo un indicatore di direzione, le luci di posizione, gli anabbaglianti o il fendinebbia. Siamo proprio noi ad   aver compiuto un’azione ed esse semplicemente la evidenziano. Allo stesso modo nella nostra mente le spie verdi sono quelle che ci aiutano a notare e ad essere consapevoli di alcune azioni che compiamo normalmente: se un amico per strada mi saluta farò un gesto di saluto a mia volta, se per raggiungere un determinato posto devo attraversare una strada mi accingerò a farlo ecc. .

Le  spie “ambra” svolgono nell’automobile una funzione importante e  più impegnativa: spingono psicologicamente a dover “fare qualcosa”. Se nell’auto una spia ambra mi segnala che se non mi fermo a fare carburante la macchina a breve si fermerà, nella mia testa una “spia ambra” mi dirà che se non guardo mentre attraverso la strada potrei correre un serio pericolo. Per poter portare a compimento l’azione dell’attraversamento di cui prima con successo e senza correre rischi una certa dose di ansia mi segnala che devo adottare dei comportamenti consoni e cioè guardare ad ambo i lati della strada e accertarmi che non sopraggiungano veicoli così come nel caso della spia del carburante quella stessa ansia mi induce a far rifornimento per non rimanere a piedi. È importante educare i ragazzi a sviluppare questa forma di “ansia segnale” perché sarà loro utile tutta la vita ad attuare comportamenti sani e di auto tutela come per l’appunto guardare mentre si attraversa la strada ecc… .

Tuttavia si verificano situazioni o stati di vita in cui l’ansia si presenta o in maniera molto intensa o inaspettata.

Un’ansia intensa potrebbe essere collegata a quando nel quadro dell’automobile si accende una spia rossa. Le spie rosse sono inequivocabilmente collegate alla necessità di fermarsi e di porre rimedio a ciò che segnalano poiché, in caso contrario, la sicurezza della guida e del veicolo potrebbe risultarne compromessa. Anche qui la nostra mente si comporta in modo del tutto simile e in questo caso siamo di fronte ad una tipologia di ansia che in un primo momento può colpire per il fatto di essere inaspettata ed intensa ma che, in realtà, assolve ad uno scopo molto importante poiché “ci avverte” della necessità di apportare un cambiamento significativo se vogliamo “riprendere la marcia”.

Immaginiamo infine che nel quadro si accendano talvolta alcune spie rosse nonostante il veicolo sia apparentemente in buone condizioni. Questo può essere molto disorientante poiché è difficile nell’immediato comprendere come muoversi. Questo è quello che succede durante gli attacchi di panico e cioè quando l’ansia diviene patologica. In questi casi non viene percepita la presenza concreta di un   elemento che possa creare pericolo eppure la nostra “strumentazione di bordo” ci segnala che qualcosa non va e diventa impossibile non prestarle attenzione.

Come potremmo porre rimedio a queste evenienze?   

Non certo eliminando dalla nostra auto il quadro elettrico! Lo scopo del lavoro psicoterapeutico non potrà mai essere quello di “eliminare tout court l’ansia-spia” poiché essa svolge,come abbiamo visto, un   importante ruolo adattivo.Sarà invece prezioso comprendere quali siano i cambiamenti da apportare per far sì che le spie  rosse non si accendano improvvisamente o si accendano solo quando strettamente necessario e utile alla nostra sopravvivenza.

  • 28 maggio 2018

Quali sono gli elementi che possono rallentare i riflessi alla guida?

L’attenzione è di per sé un fenomeno fluttuante e soggetto, durante un compito protratto nel tempo, a cali fisiologici e a fenomeni di possibile ripresa. Se consideriamo la prontezza del riflesso e la capacità di mantenere un apprezzabile livello di prestazione durante un compito prolungato come una misura della stessa, dobbiamo anche riflettere sull’importanza che fattori disturbanti interni o esterni al soggetto possono avere sulla qualità finale del processo. Tra i fattori disturbanti provenienti dall’esterno potremmo per esempio inserire lo squillo del telefono , l’sms, una spia che si accende sul cruscotto, le indicazioni del navigatore e così via. Mentre fra quelli interni potremmo includere la stanchezza fisica, l’eventuale assunzioni di alcolici, le sensazioni corporee, gli stati emotivi e affettivi come l’ansia, la depressione ecc.. .

Se una o più di queste condizioni diventano impegnative l’individuo finirà per dedicare ad esse (in modo più o meno inconsapevole) risorse personali che verranno detratte dalla possibilità di mantenere un’attenzione ottimale agli stimoli provenienti dalla strada. Possono entrare in gioco anche altri fattori di carattere più generale come l’età, lo stato di salute complessiva del soggetto, la noia dovuta a lunghi viaggi in autostrada e, all’opposto, una certa ansia di prestazione (per esempio legata alla necessità di rispettare tempistiche serrate), in grado di incidere non tanto sulla qualità del riflesso ma sulla possibilità di avere dei “falsi allarmi”, portando magari a commettere errori di esecuzione. Attraverso un test di risposta agli stimoli visivi semplici condotto sugli autisti professionisti abbiamo visto come anche un solo fattore disturbante o, a maggior ragione, un insieme di essi possa ritardare il tempo di risposta allo stimolo, un ritardo che, se tradotto in metri percorsi mentre si viaggia ad una certa velocità, rende chiara la differenza dei tempi di fermata di fronte ad un ostacolo con tutte le evidenti conseguenze.  

(dalla mia intervista contenuta nel Supplemento del n.337 maggio 2018 di Uomini e Trasporti).

  • 28 febbraio 2018

L’ESPERIENZA DEL PANICO

Entrare in uno stato di panico  o, come si è soliti dire, “avere un attacco di panico”, è un’esperienza oggi molto frequente o perché  vissuta personalmente (su se stessi o a cui si è potuto assistere) o perché raccontata da un parente o conoscente.

Nonostante questo rimane sempre un’eventualità piena di paura e disagio intensi  che compaiono improvvisamente durante uno stato di quiete o uno stato ansioso e che raggiungono il loro picco in pochi minuti.

Di seguito tratteremo del Disturbo da Panico inteso come entità autonoma. Successivamente prenderemo in considerazione  il fatto che attacchi di panico possono manifestarsi anche in concomitanza con un altro disturbo mentale.

 

IL DISTURBO DI PANICO

In caso di presenza di un vero e proprio Disturbo di Panico ci troveremo in presenza di questi aspetti:

  1. Gli attacchi sono ricorrenti ed inaspettati.
  2. Il soggetto si preoccuperà di averne altri
  3.  Il soggetto si preoccuperà delle conseguenze che un attacco di panico potrebbe avere (es. perdere il controllo, avere un attacco cardiaco, “impazzire” ecc…)
  4. Si avrà un cambiamento significativo del proprio comportamento in relazione agli attacchi.

Ma con quali sintomi può presentarsi un attacco di panico?

I sintomi psicologici possono essere identificati nei seguenti:

  1. Derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (sentirsi come distaccati da se stessi)
  2. Paura di perdere il controllo ed impazzire
  3. Paura di morire

Fra i sintomi  corporei dell’attacco di panico troviamo invece i seguenti:

  1. Palpitazioni ,cardiopalmo o tachicardia
  2. Sudorazione
  3. Tremori fini o grandi scosse
  4. Dispnea o sensazione di soffocamento
  5. Sensazione di asfissia (mancanza d’aria)
  6. Dolore o fastidio al petto
  7. Nausea o disturbi addominali
  8. Sensazioni di vertigind, di instabilità, di testa leggera o di svenimento
  9. Parestesie (sensazioni di torpore o di formicolio)

La presenza di una così ampia sintomatologia corporea richiede innanzitutto da parte dello Psicologo il coinvolgimento del Medico poiché sarà necessario escludere la presenza di una condizione medica generale o che gli attacchi di panico non siano dovuti agli effetti fisiologici di una sostanza (ad es. una droga o un farmaco).

Come già accennato attacchi di panico possono verificarsi anche all’interno di altre condizioni di sofferenza psicologica. Fra le più comuni :

  1. La Fobia  Specifica ( ad es. in seguito all’esposizione ad una determinata situazione fobica temuta)
  2. La Fobia Sociale (ad es. in seguito all’esposizione a situazioni sociali temute)
  3. Un Disturbo Ossessivo-Compulsivo (ad. es.in seguito all’esposizione  ad una sostanza se presenti ossessioni di contaminazione)
  4. Un Disturbo Post Traumatico da Stress ( qualora si presentino situazioni associate ad un grave evento stressante)
  5.  Altri Disturbi Ansiosi e Depressivi

IL TRATTAMENTO

Psicoterapia e terapia farmacologica possono essere molto efficaci nel trattamento del Disturbo di panico.  Qualora i sintomi risultino molto invalidanti per il paziente, riducendo significativamente i margini di libertà della sua vita, una sapiente combinazione dei due approcci potrebbe dare i risultati migliori. In questo caso Psicoterapeuta e Medico possono collaborare insieme al raggiungimento del miglior benessere psicofisico della persona.  

  • 6 febbraio 2018

ANSIA E PAURA: di cosa stiamo parlando?

L’ansia e la paura hanno originariamente una funzione “adattiva” cioè nascono come stati emotivi utili all’individuo per poter evitare o fronteggiare un pericolo immediato (grazie alla paura) o possibile e prevedibile nel tempo ( grazie all’ansia).

Un lieve livello di ansia o paura è addirittura preferibile alla loro totale assenza poiché permette ad una persona di essere maggiormente efficace e reattiva nello svolgimento di un compito.

IL DISTURBO ANSIOSO

Ma negli uomini e negli animali, in un mondo così ricco di stimoli come quello attuale,  spesso il livello dell’ansia e della paura supera il fisiologico limite di cui sopra e soprattutto diventa una caratteristica costante per l’individuo.

Lo accompagna per gran parte della giornata, ogni giorno e talvolta con un’intensità tale da compromettere il normale livello di funzionamento dell’individuo. Un livello di funzionamento compromesso significa peggioramento della qualità delle proprie relazioni importanti con le persone, difficoltà a trarre piacere dalla vita e peggioramento delle prestazioni lavorative e di performance.

Le situazioni della vita, anche quelle più comuni, diventano sempre più spaventose e si vive in uno stato di continua allerta.

A questo punto ci troviamo probabilmente di fronte ad un DISTURBO ANSIOSO che va valutato da un professionista della salute mentale (Psicologo , Medico,Psichiatra o Neuropsichiatra infantile).

L’ansia può manifestarsi  con sintomi psicologici e/o con sintomi somatici e/o comportamentali.

 

SINTOMI PSICOLOGICI DELL’ANSIA

Sensazione di pericolo o di minaccia

Confusione

Preoccupazioni per la salute, il lavoro, il futuro o per le persone care

Calo di efficienza nelle prestazioni

Difficoltà di concentrazione

Sensazione di affaticamento

Irritabilità

Paura di morire, impazzire o perdere il controllo

Apprensione

Incapacità di rilassarsi

Nervosismo

Autosvalutazione

Timore di non riuscire a farcela

Valutazione irrealistica della realtà

Vergogna

Visione catastrofica degli eventi

 

SINTOMI SOMATICI DELL’ANSIA :

Palpitazioni

Dolori al torace

Tachicardia

Disturbi gastro intestinali

Bruciore allo stomaco

Riduzione dell’appetito

Respiro corto e difficoltoso

Mani fredde e bagnate

Dolori muscolari

Stitichezza

Tremori

Pallore

Contrazioni muscolari

Stimolo alla minzione

Diarrea

Nausea

Vomito

Sudorazione

Sensazione di caldo e di freddo

Bocca secca

Vertigini

Risvegli frequenti

Difficoltà a dormire

 

SINTOMI COMPORTAMENTALI DELL’ANSIA:

 

Immobilizzazione

Reazione eccessiva di fronte agli stimoli

Evitamento di situazioni specifiche

Fuga

Non riuscire a guardare le persone negli occhi

 

LA VALUTAZIONE PSICOLOGICA:

nella mia esperienza clinica ho sempre dedicato le prime sedute ad un’accurata valutazione psicodiagnostica e di conoscenza profonda con la persona che a me si rivolge. I sintomi, che spesso si presentano in maniera simile nei diversi individui, acquisiscono un preciso significato se integrati nella specifica storia ed esperienza del singolo. Il trattamento psicoterapeutico trarrà grande vantaggio ed efficacia da tali informazioni. In questa fase si definirà anche la necessità di coinvolgere il Medico nella presa in carico del paziente, in particolar modo qualora sia indispensabile la diagnosi medica  differenziale dei sintomi corporei. 

IL PERCORSO  PSICOTERAPEUTICO: 

La sensazione di solitudine e paura che spesso ritrovo alla base di molte forme di disagio psicologico potrà lasciare il posto ad una maggiore consapevolezza di sé,alla sicurezza che deriva da un miglioramento della propria autostima.

L’obiettivo del lavoro psicoterapeutico è il miglioramento del benessere psicologico della persona e la possibilità per essa di riprendere in mano le trame della propria vita, in libertà.

 

 

 

 

 

 

  • 12 agosto 2017

“IL VERO VIAGGIO DI SCOPERTA NON CONSISTE NEL CERCARE NUOVE TERRE MA NELL’AVERE NUOVI OCCHI”.

In questo celeberrimo pensiero di Proust è racchiusa l’essenza del percorso di crescita e di arricchimento psicologico che potrebbe portare ciascuno di noi a comprendere ciò che prima era confuso ed a vivere ciò che prima  era precluso.

Quante volte ci si è trovati in situazioni emotive senza un’apparente via d’uscita e , sentendo di dover comunque fare qualcosa, ci si è ostinati a portare avanti il medesimo comportamento ottenendo, chiaramente, i medesimi scarsi risultati?

Per taluni il discorso può essere anche più ampio e riguardare ampi settori della propria vita in cui si può avvertire come un senso di frustrazione ed insoddisfazione accompagnati alla convinzione profonda e radicata di non poter cambiare il modo di vedere le cose.

Questo può essere molto vero specie nelle relazioni con le persone importanti della propria vita ed in particolar modo con una delle persone più significative in assoluto e cioè se stessi.

Ricercare un punto diverso da cui osservare lo stesso “panorama” può permettere di vedere luci e  ombreggiature  prima inimmaginabili e fare comprendere due cose fondamentali: o che effettivamente tale luogo con queste caratteristiche non è attraente per la persona oppure che il giudizio negativo su di esso dipendeva appunto da una parziale conoscenza.

In entrambi i casi  questa è un’esperienza che arricchisce poiché offre la possibilità concreta di creare un cambiamento importante per se stessi.  

  • 25 maggio 2017

La complessità sociale della nostra epoca unitamente alla capillare diffusione dell'informazione espone ciascuno di noi, direi giornalmente, alle notizie di fatti di cronaca talvolta drammatici se non addirittura traumatici.Tali fatti suscitano sempre intense reazioni emotive al momento in cui se ne viene a conoscenza. Vi sono poi operatori che, per professione o per scelta personale, operano direttamente in contesti di emergenza/urgenza e più di altri sono costantemente in contatto con forti reazioni emotive. Un luogo comune dipinge l'operatore dell'emergenza come quella persona in grado di reprimere le proprie emozioni per poter svolgere al meglio il proprio lavoro. Nulla di più falso. E' semplicemente impossibile non emozionare. Qualora i vissuti emotivi non venissero assolutamente riconosciuti essi si manifesterebbero "indirettamente" attraverso altri canali, primo fra tutti il corpo. Le emozioni non possono e non devono quindi essere negate ma riconosciute e sicuramente gestite al meglio. Ecco quindi il possibile obiettivo psicologico che dovrebbe darsi ogni operatore ed ogni cittadino rispetto all'impatto con eventi ad alta intensità emotiva. In occasione della serata conclusiva del Corso di formazione rivolto alla Cittadinanza da parte della Pubblica Assistenza di Castenaso questa sera parleremo di emozioni, di trauma e porremo le basi psicologiche per mobilitare le risorse personali, socioambientali e processuali necessarie in queste situazioni.      

  • 6 maggio 2017

Numerose ricerche o osservazioni hanno rilevato come l’atto della donazione sia ricco di significati e potenzialità non solo per il ricevente il frutto della donazione stessa (cosa questa decisamente intuibile) ma anche per il donatore.

Io stesso ho potuto sentire, durante la mia donazione di sangue, emozioni che non avrei immaginato prima. Se il mio primo approccio alla donazione era stato molto pragmatico (“ ho la possibilità di rendermi utile e lo faccio”) da subito ho compreso come la cosa fosse per me molto più ricca di sfumature.

Tutto nacque da un gesto del corpo, come spesso accade. Quando reclinai la testa ed osservai il fluido che iniziava a  scorrere nel tubicino mi resi infatti conto di quanto questo gesto rivolto al prossimo fosse incredibilmente concreto. Quella che stiamo donando in quel momento è veramente una parte di noi ma questa parte di noi la possiamo vedere! Questo ci permette di riconoscerla e di riconoscerci un po di più, di sperimentare veramente quanta ricchezza, quanta potenzialità è presente in ognuno di noi e come potremmo trasformare il mondo in senso positivo se solo ne divenissimo consapevoli e lo volessimo!

Proprio questo, se decidiamo di ascoltare veramente, avviene durante la nostra donazione. Possiamo sentire noi stessi con una concretezza spesso inimmaginabile e questo aumenta il piacere per quello che stiamo facendo.

  • 12 marzo 2017

Il training autogeno è una ormai ben nota tecnica di rilassamento profondo che mette in correlazione le emozioni di ogni individuo con aspetti della sua corporeità. Il corpo trattiene costantemente i nostri stati emotivi e talvolta riesce ad esprimere ciò che difficilmente le parole sono in grado di fare.

I benefici del training autogeno in termini di riduzione dell’ansia e della tensione emotiva ed in generale di un maggior controllo dello stress sono ormai ben noti e riconosciuti. Sono molto legato a questo tipo di pratica che utilizzo frequentemente nel mio lavoro associandolo alla psicoterapia. Lo psicoterapeuta, infatti, dopo un attento percorso di valutazione della personalità del paziente (indispensabile per comprendere se è possibile utilizzare tale tecnica) e avendone condiviso con lui nel tempo i profondi e personali temi di vita, può utilizzare il training autogeno per rinforzare e amplificare gli effetti della terapia stessa. Nel training autogeno, come del resto durante la psicoterapia, il paziente è il principale protagonista dei propri cambiamenti e tutto ciò che avviene durante la seduta manifesta il proprio potere trasformativo nei giorni seguenti.

Nella mia attività questa integrazione si dimostra estremamente efficace nella cura delle crisi di panico, dell’ansia ,degli stati depressivi, degli stati ipocondriaci e delle manifestazioni psicosomatiche. Essa si sta dimostrando efficace anche nel trattamento della dipendenza da fumo ma a questo aspetto dedicherò un articolo specifico.

 

  • 5 febbraio 2017

Sensazione cronica di ansia, crisi acute di ansia ed attacchi di vero e proprio panico costituiscono fra le motivazioni principali che portano le persone a chiedermi una consultazione. Talvolta si tratta di episodi passeggeri o legati a precisi momenti stressanti e complessi della propria vita. In molte altre occasioni ci troviamo invece di fronte ad emozioni e vissuti che bloccano la persona, impedendole di continuare ad occuparsi della sua vita con lo stesso entusiasmo e con l’energia di sempre.

Dopo un’attenta valutazione della struttura di personalità di base, utile per impostare un trattamento veramente personalizzato, il lavoro clinico ha come obiettivo quello di comprendere il significato di quei sintomi così da far diventare –  o ri-diventare- la  persona protagonista della propria vita.

Da alcuni anni per il trattamento di questi disturbi  utilizzo tecniche proprie della psicoterapia biosistemica che integro, per aumentarne l’efficacia,   con altre strategie derivate da diversi approcci terapeutici ( quali ad esempio lo psicodramma analitico) e posso affermare che il lavoro in studio può in questi casi essere veramente risolutivo.

Ansia e panico, se accolti per tempo all’interno di un percorso terapeutico appropriato , spesso possono addirittura arricchire la nostra vita mettendoci di fronte a potenzialità che neanche immaginavamo di avere.   

  • 14 gennaio 2017

In questo nuovo appuntamento con la psicologia del benessere e della prevenzione trattiamo di un’esperienza molto appagante dal punto di vista psicologico: la donazione di sangue.

Il gesto di donare il sangue è un PRENDERSI CURA.  Ci si prende cura dell’Altro ed è un prendersi cura di Sé.

Ci si alza, si arriva presso il Centro di Raccolta Sangue, si compilano alcuni fogli informativi, si esegue la visita medica di idoneità eppoi,subito dopo,ci si accomoda nella poltrona ed in quel momento avviene un qualcosa di molto particolare.

Il donatore per alcuni minuti ben definiti vive nello spazio della poltrona.

Questa esperienza è priva di azioni da parte del donatore e proprio questa assenza, a cui non siamo abituati in un mondo sempre vociante e di corsa, permette al medesimo di poter  ascoltare quello che succede intorno a lui ma ,soprattutto, dentro di lui.

La donazione avviene in silenzio.

 Questo non significa che intorno a noi vi sia assenza di rumori, anzi.  Gli infermieri dialogano con ciascuno, parlano fra di loro di questioni tecniche e personali e fra gli stessi donatori talvolta la conversazione è più che presente.

Ma vi sono alcuni frangenti in cui i suoni si arrestano e lasciano il posto a piccoli attimi in cui ciascuno di noi può ascoltare veramente quello che sta succedendo, il fatto che ci si stà donando all’altro.

La donazione è silenziosa proprio come il flusso del sangue che scorre senza far rumore poiché in quel momento non vi è bisogno di parole.

 

  • 19 dicembre 2016

Dopo i precedenti appuntamenti in cui abbiamo trattato dei benefici del karate per lo sviluppo dei bambini e di prevenzione dello stress e del gioco d'azzardo patologico (www.bolognapsicologo.eu nell'area PREVENZIONE) ecco oggi una semplice tecnica che può essere molto utile ai genitori. Quale benessere psicologico può infatti trarre un bambino ascoltando uno dei suoi genitori che gli parla bene dell’altro, che ne valorizza qualche comportamento? Sicuramente un grande benessere. E se, a breve distanza di tempo l’uno dall’altro, ciascun genitore compisse la medesima azione ? Oltre al piacere di sentire cose belle circa una figura così importante per sé da un punto di vista psicologico, il bambino ne deriverebbe l’esperienza gratificante della completezza, dell’unità, delle “cose che tornano”. Come vi sentite quando tutta una serie di circostanze si incasellano nella maniera giusta e il risultato che volevate ottenere si realizza con grande semplicità? Bene, vero? Non vi sentiti come “pieni”? È questo lo stato d’animo che ritengo proverebbe il bambino, un vero nutrimento emotivo! Talvolta i genitori compiono naturalmente queste azioni e questo è molto importante poiché i bambini intercettano, molto più di quanto si possa immaginare, le sfumature emotive. I genitori che volessero cimentarsi in questo piccolo esercizio devono infatti credere veramente nelle cose positive che stanno affermando circa il loro partner.  Se vi fossero delle “istruzioni”da fornire insieme a quest’invito, quest’ultima sarebbe l’unica avvertenza che mi sentirei di dare. Invito i genitori a riflettere insieme sulle considerazioni espresse in questo post e, naturalmente, rimango a disposizione per chiarimenti o approfondimenti.

  • 26 novembre 2016

I motivi per cui si inizia a giocare d’azzardo possono essere molteplici. Combattere la noia, cercare una soluzione magica ai propri problemi o spinti da un impulso che affonda le proprie radici nella personalità del giocatore.

Una sola cosa è sicura, certa: sul medio e lungo periodo il BANCO VINCE SEMPRE!!

E al giocatore, spesso insieme alle sue persone care, non resta che sperare di raccogliere i cocci e leccarsi le ferite.

Vi propongo un breve test tratto dal sito www.vinciamoilgioco.org, associazione di cui faccio parte e con la quale cerchiamo di combattere il problema.   

Vi prego di provare a rispondere a queste domande ed annotare i SI :                                                         

  • ha mai tolto tempo al lavoro o alla scuola per giocare d’azzardo?
  • il gioco è mai stato causa di tristezza domestica?
  • ha mai sentito rimpianto dopo aver giocato?
  • ha mai giocato d’azzardo per restituire debiti o mitigare crisi finanziarie?
  • il gioco ha mai causato un abbassamento dell’ambizione o produttività?
  • sconfitto al gioco, sente l’impeto di recuperare all’istante quanto ha perso?
  • dopo una vincita, vorrebbe vincere ancor di più?
  • gioca spesso fino all’ ultimo spicciolo?
  • prende mai danaro a credito per finanziare il gioco?
  • ha mai dato via qualcosa per finanziare il gioco?
  • è mai stato riluttante a spendere soldi destinati al gioco per altre cose?
  • ha mai trascurato se stesso o la sua famiglia a causa del gioco?
  • capita di giocare più ore di quanto prestabilito?
  • ha mai giocato per sfuggire da un grattacapo o da una angoscia?
  • ha mai pensato di compiere un crimine per coprire il gioco?

Se avete risposto SI anche ad una sola di esse vi consiglio di non sottovalutare il problema. Se avete risposto SI ad almeno 7 di esse si consiglia una consulenza specializzata.

Uscirne si può?

La risposta è spesso affermativa purchè si decida di intraprendere un trattamento mirato. Per informazioni più specifiche ed approfondite su questo tema vi consiglio nuovamente di visitare il sito www.vinciamoilgioco.org  .

 

 

  • 12 novembre 2016

Ai clienti del Centro Otticando di Medicina (Bo), presente all’interno del Centro Commerciale Medici, viene offerta ,a partire da domani,   la possibilità , unitamente alla visita ottica, di usufruire di una consulenza psicologica professionale completamente  gratuita avente lo scopo di fornire indicazioni per il raggiungimento di un migliore equilibrio psicofisico, individuando precocemente eventuali segnali di sofferenza personale  e potendo così permettere alla persona di mobilitare da subito le proprie risorse per poterli superare. Per usufruire di entrambe le prestazioni basta prenotarsi allo 051857373 o richiederle direttamente al Centro.

Tale progetto nasce dalla profonda convinzione mia e di Aldo Sabattini, responsabile del Centro Otticando, su come i nostri reciproci ambiti professionali debbano soprattutto sviluppare competenze nell’ambito della PREVENZIONE PRIMARIA , promuovendo cioè corretti ed equilibrati stili di vita, e della PREVENZIONE SECONDARIA, cercando cioè di risolvere immediatamente problematiche che, se non affrontate, potrebbero portare ad una cronicizzazione molto più complessa e difficile da gestire.

La sinergia fra le nostre professionalità viene quindi messa a disposizione dei clienti del Centro Otticando di Medicina (Bo) con un unico e comune obiettivo: il loro benessere.           

  • 31 ottobre 2016

La pratica del karate sin dall'infanzia può indubbiamente portare enormi benefici allo sviluppo psico-fisico dei bambini.

Quando Lowen, il padre della bioenergetica, affermò che “ ...una casa è tanto più solida quanto più sono solide le sue fondamenta”, si riferiva naturalmente alle gambe, le fondamenta del nostro corpo, i rami che permettono al nostro Io di radicarsi al terreno. E’ quello che definiamo il radicamento verticale.

Nel bambino l’acquisizione della capacità di camminare e’ invariabilmente legata alla possibilità di scoprire il mondo, alla possibilità di avvicinarsi o allontanarsi da qualcuno o qualcosa.

In definitiva alla possibilità di fare.

Sentire la muscolatura delle proprie gambe, avvertire nettamente i propri piedi che ancorano il terreno dona al corpo ed alla mente del bambino un’impagabile sensazione di forza, di forza del proprio Io. E un Io forte è un Io sicuro, un Io che potrà interagire con il mondo senza paura.

Non è casuale che la pratica del karate cominci con un lungo e costante lavoro sull’importanza del “rimanere bassi”, nella cosidetta “posizione del fantino”, con le gambe piegate, il tronco perpendicolare al terreno, i piedi paralleli,i fianchi bassi e le natiche contratte . Questa ricerca del baricentro personale non è solo una questione fisica ma diviene naturalmente anche una questione mentale.

E’ interessante notare come il praticante che riesca ad acquisire una solida posizione sugli arti in sintonia con la propria respirazione sia anche in grado di rendere il proprio pugno, il proprio calcio o la propria parata estremamente più efficaci.

Partendo cioè da un Io solido il bambino sviluppa la capacità di “muoversi verso il mondo” dove in latino questa locuzione veniva tradotta con la parola aggredi, riconducibile al nostro termine aggressività.

Un’aggressività quindi costruttiva e non distruttiva.

Anche nelle persone adulte accostarsi a questa disciplina permette quindi da subito di entrare in contatto con queste tematiche. Ricordiamo quanto il lavoro sulla gestione della propria aggressività, sulla personale capacità di rapportarsi al mondo costituisca sempre una costante di grande importanza in coloro che decidono di intraprendere un percorso di crescita personale.

Per i bambini, che naturalmente iniziano a sperimentarsi come individui in grado di fare nel mondo con la propria sicurezza, il karate è sicuramente un importante strumento di crescita e di sviluppo poichè intercetta una naturale spinta evolutiva dei più piccoli in questo senso, la rafforza e la rende quindi più sicura.

Bibliografia:

Lowen A., Il linguaggio del corpo, Feltrinelli.